Consiglio di Stato: i consiglieri comunali non possono conoscere i nomi dei beneficiari dei buoni spesa Covid-19

Il Consiglio di Stato ribalta la decisione di primo grado ( che aveva accolto il ricorso di un consigliere ) fondata “sul rilievo che il consigliere comunale è titolare ai sensi dell’art. 43, comma 2, del testo unico sulle leggi sull’ordinamento degli enti locali (decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267) di «un incondizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere utili all’espletamento delle proprie funzioni», al quale non sono opponibili «limitazioni connesse all’esigenza di assicurare la riservatezza dei dati e il diritto alla privacy dei terzi»; per la sentenza questa esigenza è tutelata dalla sottoposizione del consigliere «al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge», ad opera dell’ultimo inciso del citato art. 43, comma 2, d.lgs. n. 267 del 2000”.

Il Comune ricorre in appello, che viene accolto dal Consiglio di Stato per le seguenti motivazioni :

7. Nell’attribuire al diritto in questione un carattere «incondizionato» ogniqualvolta esso riguardi atti dell’amministrazione che per quest’ultimo «possano essere utili all’espletamento delle proprie funzioni» la sentenza sembra porsi nella prospettiva ricostruttiva del diritto di accesso del consigliere comunale come un diritto «“tiranno” nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona» (così la Corte costituzionale nella sentenza 19 maggio 2013, n. 85, di rigetto delle questioni di costituzionalità sulla disciplina penalistica speciale relativa allo stabilimento industriale dell’Ilva di Taranto nella parte in cui se ne assumeva un contrasto con il diritto alla salute ex art. 32 Cost.). La Corte ha invece affermato che in un ordinamento costituzionale in cui i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano «in rapporto di integrazione reciproca», non ordinato su base gerarchica, non è possibile «individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri», e dunque una «illimitata espansione» dei primi a danno di questi ultimi. Per la Corte costituzionale gli stessi diritti vanno invece coordinati secondo «un ragionevole bilanciamento», a tutela della dignità della persona, e dunque nel rispetto del principio personalistico che trova nei principi di uguaglianza formale e sostanziale dell’individuo e nei doveri di solidarietà sociale la sua formale enunciazione (artt. 3, commi 1 e 2, e 2 Cost.).

8. Alla regola del ragionevole bilanciamento propria dei rapporti tra diritti fondamentali di pari rango non si sottrae l’accesso del consigliere comunale.

E’ vero che esso ha ampia estensione, maggiore dell’accesso agli atti amministrativi ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241 (cfr. da ultimo in questo senso Cons. Stato, V, 13 agosto 2020, n. 5032), desumibile dalla lettera del più volte citato art. 43, comma 2, del Testo unico sull’ordinamento degli enti locali, secondo cui il consigliere comunale ha diritto di ottenere dagli uffici dell’amministrazione presso cui esercita il proprio mandato politico-amministrativo e dai suoi enti strumentali «tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato». Ma è altrettanto vero che tale estensione non implica che esso possa sempre e comunque esercitarsi con pregiudizio di altri interessi riconosciuti dall’ordinamento meritevoli di tutela, e dunque possa sottrarsi al necessario bilanciamento con questi ultimi. Ciò non solo perché ad esso si contrappongono diritti egualmente tutelati dall’ordinamento, ma anche per il limite funzionale intrinseco cui il diritto d’accesso è sottoposto, espresso dall’art. 43, comma 2, d.lgs. n. 267 del 2000 con il richiamo alla utilità delle notizie e delle informazioni possedute dall’ente locale rispetto alla funzione di rappresentanza politica del consigliere comunale.

9. Il descritto limite implica che il bisogno di conoscenza del titolare della carica elettiva debba porsi in rapporto di strumentalità con la funzione «di indirizzo e di controllo politico – amministrativo», di cui nell’ordinamento dell’ente locale è collegialmente rivestito il consiglio comunale (art. 42, comma 1, t.u.e.l.), e alle prerogative attribuite singolarmente al componente dell’organo elettivo (art. 43). La strumentalità del diritto di accesso del consigliere comunale ora evidenziata è stata di recente ribadita da questa Sezione nel precedente di cui alla sentenza del 13 agosto 2020, n. 5032, sopra richiamata, laddove si è sottolineato che lo scopo del diritto di accesso del consigliere comunale è quello «di valutare – con piena cognizione – la correttezza e l’efficacia dell’operato dell’amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio e per promuovere tutte le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale»; ed è inoltre stata circoscritta da un’altra pronuncia di questa Sezione, la sentenza 2 gennaio 2019, n. 12, in cui si è affermato non essere «sufficiente rivestire la carica di consigliere per essere legittimati sic et simpliciter all’accesso, ma occorre dare atto che l’istanza muova da un’effettiva esigenza collegata all’esame di questioni proprie dell’assemblea consiliare».

10. Poste le premesse finora espresse, nel caso di specie, con il negare i nominativi dei soggetti richiedenti le provvidenze erogate dalla Protezione civile a livello locale, con la sopra citata ordinanza del 29 marzo 2020, n. 658, ma con il fornire nel contempo tutte le altre notizie relativi a tali istanze, il Comune di ……….. ha messo a disposizione del sig. ………….. ogni informazione utile per l’esercizio delle funzioni di rappresenta politico-amministrativa inerenti alla carica di consigliere comunale, e così realizzato un equilibrato bilanciamento tra le prerogative ad essa connesse con le contrapposte esigenza di tutela della riservatezza della persona.

La nota di riscontro dell’istanza di accesso ha infatti reso innanzitutto conoscibili i dati relativi agli importi complessivamente ricevuti dall’amministrazione comunale per i buoni spesa e a quelli dalla stessa erogati, alle domande presentate dai residenti del Comune di ………. e a quelle ancora pendenti. Con l’allegato elenco recante i riferimenti temporali e i presupposti reddituali su cui le domande di provvidenze economiche sono state decise e con il relativo esito è stato inoltre fornito un quadro analitico dell’operato degli uffici comunali competenti. Su questa base il sig. ………………è stato quindi posto nelle condizioni di accertare se la gestione delle provvidenze economiche sia stata legittima ed efficace e dunque di promuovere in sede consiliare ogni iniziativa finalizzata a sollecitare un controllo dell’organo di indirizzo politico di cui è componente sull’operato amministrazione.

11. Nondimeno, nelle proprie deduzioni difensive il sig. ………… afferma che la conoscenza dei nominativi dei soggetti richiedenti i buoni spesa messi a disposizione della Protezione civile sarebbe necessaria per «poter intraprendere iniziative politiche a sostegno (e) verificare anche la correttezza della distribuzione (attività che non possono essere prerogativa assoluta di un funzionario alle dirette dipendenze del Sindaco e/o della Giunta)» (pag. 6 della memoria costitutiva nel presente giudizio d’appello). Nulla tuttavia che l’originario ricorrente non possa già fare sulla base delle informazioni e dei dati messigli a disposizione dal Comune di …………in riscontro alla sua istanza di accesso, posto che, come sopra evidenziato, nell’elenco allegato alla nota con cui l’amministrazione si è determinata su tale istanza sono contenuti i riferimenti temporali e di numero di protocollo, i presupposti reddituali su cui le domande di provvidenze economiche sono state decise, con il relativo esito e l’importo riconosciuto. Deve al riguardo ribadirsi che con questi dati il sig. ………….. è nelle condizioni di accertare se la gestione dei buoni spesa da parte degli uffici comunali competenti sia stata legittima ed efficace ed eventualmente di promuovere in sede consiliare le necessarie iniziative finalizzate a sollecitare un controllo dell’organo di indirizzo politico dell’ente comunale sull’operato degli uffici competenti. L’originario ricorrente non ha dimostrato invece quale utilità concreta ed aggiuntiva rispetto ai dati acquisiti avrebbe per l’esercizio del suo mandato la conoscenza dei nominativi dei soggetti richiedenti. A questo riguardo va sottolineato che nell’ambito della poc’anzi richiamata funzione di indirizzo politico-amministrativo non rientra quello di sostituirsi al singolo interessato né un riesame di legittimità di singoli provvedimenti, che comunque è consentito al consigliere comunale sulla base delle dettagliate indicazioni contenute nell’elenco allegato alla nota di riscontro all’istanza di accesso.

12. Come invece dedotto dal Comune di …………, la conoscenza di tali nominativi farebbe venire meno il riserbo su un dato personale consistente nello stato di bisogno del soggetto richiedente il buono pasto, che in base all’ordinanza della protezione civile più volte richiamata è destinato ad una platea formata: «tra i nuclei familiari più esposti agli effetti economici derivanti dall’emergenza epidemiologica da virus Covid-19 e tra quelli in stato di bisogno, per soddisfare le necessità più urgenti ed essenziali con priorità per quelli non già assegnatari di sostegno pubblico» (art. 2, comma 6). La conoscenza dei nominativi dei soggetti in condizione economica disagiata, non strumentale all’esercizio delle funzioni di indirizzo politico-amministrativo si tradurrebbe quindi in un inutile sacrificio delle ragioni di riservatezza di questi ultimi.

13. Non induce in contrario rispetto a quanto finora rilevato il fatto che ai sensi dell’art. 43, comma 2, t.u.e.l. il consigliere comunale sia tenuto al segreto sui dati e le informazioni di cui è venuto a conoscenza all’esito dell’accesso agli atti dell’amministrazione (diversamente quindi da quanto ritenuto da questa Sezione nella sentenza del 5 settembre 2014, n. 4525, richiamata dall’originario ricorrente a fondamento del proprio ricorso). In termini generali il segreto è un obbligo che si riferisce all’uso di dati e informazioni legittimamente acquisiti, mentre nel presente giudizio si controverte proprio sulla legittimità di tale acquisizione. Nel caso specifico l’obbligo del consigliere comunale di attenersi al segreto comporta che i dati e le informazioni acquisite siano utilizzati esclusivamente per l’esercizio del suo mandato e a vietare per contro qualsiasi uso privato. Lo stesso obbligo non tutela invece la riservatezza delle persone, la quale verrebbe comunque lesa se l’accesso venisse consentito. A conferma di ciò va evidenziato che la strumentalità del diritto previsto dall’art. 43, comma 2, t.u.e.l. alla carica consiliare comporta, per la pubblicità delle sedute dell’organo consiliare, nella quale le prerogative di indirizzo e controllo sull’operato degli uffici comunali sono destinate ad essere esercitate, una potenziale conoscibilità erga omnes dei dati e delle informazioni riservate, con inerente aggravamento della lesione della riservatezza delle persone che solo il diniego di accesso può salvaguardare.

14. L’appello deve quindi essere accolto, per cui in riforma della sentenza di primo grado il ricorso per l’accesso va respinto.

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